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luglio 14, 2013

Coviglia al cioccolato.

Coviglia al cioccolato
La coviglia è una preparazione che si presta a numerose varianti. Una, molto apprezzata, prevede che si unisca alla crema di tuorli e zucchero un caffè ristretto, anche utilizzando una varietà istantanea. Esiste inoltre una variante ai lamponi o alle fragole, che si ottiene frullando i frutti e unendo il purè così ottenuto alla crema.
Ricetta per persone n.
4

Ingredienti:
4 uova
140 g di zucchero semolato
1 bicchierino di rum
4 dl di panna fresca
2 cucchiai di cacao amaro



Preparazione: 20’
  • Dividete i tuorli dagli albumi e montate questi ultimi a neve ben soda, incorporandovi anche 70 g di zucchero.
  • Lavorate i tuorli con lo zucchero restante, profumando la crema ottenuta con il rum.
  • Unite, una cucchiaiata per volta, gli albumi ai tuorli, mescolando con delicatezza affinché si amalgamino perfettamente, quindi dividete il composto in due parti uguali.
  • A una delle due parti unite il cacao e metà della panna, mescolando bene; all’altra, solo la panna restante, sempre incorporando alla perfezione la crema ottenuta.
  • Prendete quattro piccoli bicchieri di vetro, o coppette di cioccolato fondente già pronte, e in ciascuno suddividete in parti uguali entrambi i composti, alternandoli in modo decorativo.
  • A piacere potete cospargere di cacao amaro prima di servire.

Vino consigliato: Preparazione intensa e “cioccolatosa” che richiede un vino dolce, di carattere, come il Campi Flegrei Piedirosso dolce o lo Sciacchetrà delle Cinque Terre.
sciachetrà
Lo sciachetrà - spesso erroneamente trascritto come sciacchetrà e nei luoghi d'origine conosciuto anche come rinforzato o vino dolce (rispettivamente refursà e vin duse in ligure) - è un vino passito, dolce e liquoroso, prodotto nelle Cinque Terre da uve che provengono dai celebri terrazzamenti. Oltre a vantare una storia millenaria e ad essere conosciuto e apprezzato in tutto il mondo, ha ottenuto la Denominazione di Origine Controllata ed è stato riconosciuto come presidio Slow Food.
Nei luoghi di origine questo vino è spesso chiamato anche «rinforzato» o «vino dolce», rispettivamente refursà e vin duse nei dialetti locali della lingua ligure. Il termine "sciachetrà", con cui il rinforzato è commercializzato e ormai ovunque conosciuto, è attestato soltanto verso la fine dell'Ottocento. Pare che uno dei primi a utilizzarlo sia stato il pittore macchiaiolo Telemaco Signorini, il quale, nel suo scritto di memorie Riomaggiore, ricordando le tante estati trascorse nel borgo delle Cinque Terre, afferma che «in settembre, dopo la vendemmia, si stendono le migliori uve al sole per ottenere il rinforzato o lo sciaccatras».

cinqueterre vitigni

L'etimologia del vocabolo è incerta. La più probabile è quella che lo fa derivare dal verbo «sciacàa» (schiacciare), utilizzato per indicare l'operazione di pigiatura dell'uva. Se questa ipotesi fosse vera, se ne potrebbe allora dedurre che la denominazione più antica e originaria sia proprio quella di «sciachetrà», sostituita poi in tempi più recenti da «refursà». Accade spesso, infatti, che le parole dialettali più antiche e più lontane dall'italiano vengano via via sostituite, a causa del predominio sociale e culturale della lingua nazionale, dai corrispondenti vocaboli toscani, se pur sottoposti a un processo di assimilazione fonetica alla lingua locale. D'altro canto, vi è da osservare che mentre il termine «refursà» indica una caratteristica propria del vino passito, il vocabolo "sciachetrà" rimanda invece a un'operazione, quella della pigiatura, compiuta per qualsiasi tipo di vino.


Quel che è certo è che la presenza del suono /k/ lungo - ossia della doppia "c" - è dovuta all'erronea comprensione del toscano Signorini, come dimostra la circostanza che nello scritto del pittore macchiaiolo si trovano frequentemente simili errori di trascrizione di vocaboli o toponimi dialettali e soprattutto come conferma il dato di fatto che nei dialetti locali della lingua ligure non esistono consonanti doppie.
La stessa Cooperativa Agricoltura delle Cinque Terre è incorsa nel medesimo errore, mutando la denominazione «sciachetrà» che compariva originariamente sulle sue bottiglie in «sciacchetrà» e venendo seguita sulla stessa strada dal Parco Nazionale delle Cinque Terre e da altri produttori.
Lo sciachetrà viene prodotto con le qualità d'uva Bosco (60%), Albarola e Vermentino (40%). Si tende comunque a preferire l'uva Bosco in quanto la buccia degli acini è più resistente e quindi si presta meglio all'appassimento senza rompersi.
 
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