Prima che l'industria dolciaria banalizzasse il godere di un biscotto invadendo il mercato di dolcetti di tutte le forme e dai molteplici natali, le "parone de casa" veneziane preparavano con le proprie mani i biscottini da conservare in credenza e da offrire agli ospiti ed ai bambini in ogni momento della giornata.
Venezia, capitale dei traffici orientali, aveva importato con le spezie quel famoso zucchero di canna che incuriosiva le popolazioni abituate a dolcificare i cibi quasi esclusivamente con il miele o la melassa.
La sua origine lo avvolgeva di quel mistero che ogni mercanzia proveniente dall'Oriente si portava dietro con i racconti di ogni marinaio su usi e tradizioni pieni di fascino di quei popoli lontani.
Vediamo subito come preparare questo gustoso biscotto veneziano.
900 g di fior di farina
100 g di zucchero
200 g di burro o di strutto
Latte
100 g circa di lievito
3 o 4 uova
Sale
A fianco dei dolci rituali e comuni ad ogni paese come la pinza o il maccafame, iniziarono a caratterizzarsi dolci soffici come le brassadele e il nadalin di Verona, il bisso e il bisso moro di Padova, la polentina di Cittadella (diventata famosa dopo una querelle tra pasticceri in un contest televisivo di pasticceri), la treccia di Thiene.
Tutti insieme venivano offerti con i golosessi, piccole e golose tentazioni da credenza, come i bianchetti, i bigarani, i pevarini, i forti, i bussolai di Burano, i zaeti resi preziosi dall'oro della farina di mais e dalla presenza di uvetta e pinoli, gli ossi da morto, gli amaretti, fino ai famosissimi baicoli, che venivano offerti con un caffè, un Vin di Cipro o con il più corroborante zabaione.
Ancor oggi, nella scatola di latta con la quale la Colussi li mette in commercio c'è scritto "No gh'è a sto mondo no più bel biscoto/più fin, più dolce, più lisiero e san/par mogiar nella cicara e nel goto/del Baicolo nostro venezian."
Venezia, capitale dei traffici orientali, aveva importato con le spezie quel famoso zucchero di canna che incuriosiva le popolazioni abituate a dolcificare i cibi quasi esclusivamente con il miele o la melassa.
La sua origine lo avvolgeva di quel mistero che ogni mercanzia proveniente dall'Oriente si portava dietro con i racconti di ogni marinaio su usi e tradizioni pieni di fascino di quei popoli lontani.
La Ricetta.
Lo zucchero di canna era arrivato a Venezia almeno dopo il Mille, in seguito alle Crociate che avevano dissolto il torpore medioevale seguito al vuoto di potere lasciato dalla caduta dell'impero bizantino.Vediamo subito come preparare questo gustoso biscotto veneziano.
Ingredienti.
per 4 persone900 g di fior di farina
100 g di zucchero
200 g di burro o di strutto
Latte
100 g circa di lievito
3 o 4 uova
Sale
Preparazione.
20'- Si scioglie il lievito in poco latte tiepido con qualche cucchiaio di farina, si lavora bene.
- Poi si aggiungono lo zucchero, il burro sciolto, le uova sbattute, impastando il tutto con la restante farina e il sale.
- Si riduce allora questa pasta a un bigolo assai grosso che poi si ripiega a forma rotonda di «o ».
Cottura.
20’- Quando è cotto si dovrà vedere al centro solo una leggera fessura.
- Al momento di sfornarli si pennellano con acqua e zucchero per renderli lucidi.
- A differenza dei pandoli, questi biscotti vengono tolti dal forno quando sono ancora morbidi e rimessi nel forno a distanza di 2 giorni, e si biscottano lievemente come per il pane.
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Curiosità.
Tutti insieme venivano offerti con i golosessi, piccole e golose tentazioni da credenza, come i bianchetti, i bigarani, i pevarini, i forti, i bussolai di Burano, i zaeti resi preziosi dall'oro della farina di mais e dalla presenza di uvetta e pinoli, gli ossi da morto, gli amaretti, fino ai famosissimi baicoli, che venivano offerti con un caffè, un Vin di Cipro o con il più corroborante zabaione.
Ancor oggi, nella scatola di latta con la quale la Colussi li mette in commercio c'è scritto "No gh'è a sto mondo no più bel biscoto/più fin, più dolce, più lisiero e san/par mogiar nella cicara e nel goto/del Baicolo nostro venezian."
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